martedì

Ed era


I.

Sono mano sui bordi e spazi aperti,
solchi nei granai.
Sono sonno untuoso e piano. Sono
ornamenti, affissioni, scoperte.
E poi nuvole che si muovono.

I rumori proteggono.

Agitazioni e percosse.
Corpi accampati,
ammaccati equilibristi al sole.
Ritagli di giornale, mappe
che s’incontrano a mezz’aria.

Ci si domanda cosa e come e quando.
Ci si domanda perché.
Il perché le maree, le inondazioni, gli sfaldamenti.
Le persone svengono sotto il sole,
o tra le mura spesse, strette nel caldo
degli appartamenti.

Carni soffici, soffi d’attese,
estati. Alcune notizie, quando
non arrivano.
Sono gradini emersi.
Pomeriggi assopiti,
appositi portariviste, sfogliate
architetture oniriche.


II.

Nella luce grigia del mattino,
i vasi stanno tutti affiancati in fila.
Le persone camminano
su tetti muschiati e ci sono
bambini sbiaditi, che giocano
a tennis contro il muro.
Le terrazze sono coperte di
edera e altra erba aggressiva
e densa.
I tavolini sgambettano
nelle cucine in penombra.
Qualcosa riempie la gola agli arrivi.

L’aria porta aria che toglie,
smarrita sui marciapiedi.

Essere l’aria del mattino.
 

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