domenica

La saggezza dei corpi (Giorno #1)

(estratto da: La saggezza dei corpi)



il primo respiro dopo la corsa
si gonfia d’aria e luce


Giorno #1
- il cuore è la prima cosa da liberare*  -


I


è un fiume oggi la ferrovia
dal quale straripano i binari e oltre
gli argini folli i fogli, i sedili
galleggiano e si allontanano, lasciati (andare,

via) c’è una mano tra i palazzi e un muso
tra i raggi del sole che sbatte e sbatte ancora
da dove vieni? dov’è trascorsa la notte?
e percorre i contorni, li stringe, li logora, li rovescia

arrivano le mattine così, sugli angoli
spezzati e gli orologi, baldacchini per le mani
che scivolano sul volante, che la bocca, è
a metà

la bocca, colonna d’auto è spina
dorsale ricurva a strapiombo
sulle vertigini cerulee dei palazzi
sulle geometrie che spiazzano dritte

quei contorni che sono lampioni e
liceali in circolo ai cancelli e salvagenti
dissestati, urlanti, alberi sguarniti, alberi alti
alti, alberi persi, in altezza

con le foglie a sfoltire che
cadono giù, in anticipo cadono,
disordinatamente, sopra di noi
intenti

addosso alle domande ripetute, dalla mia voce
che chiede, chiede e la tua bocca a metà, a ripetizione
non c’è acqua? non c’è acqua? ecco perché questa è
una mattina che si fissa al semaforo




II


se chiudo gli occhi c’è una danza
se li riapro: paesaggi sui muri
che si dissetano
si attendono le tende da distesi

altri si scontrano nei corridoi
portano fogli, scambiano nomi
scambiano lamenti, tagliano vestiti,
a pezzettini

mi dicono hai mancato la punta del naso
di grosso, ragazza, mi dicono
e distorto le superfici
con entrambe le mani

forse sono gli occhi, ed è un tentativo
quanta è la realtà dentro (agli occhi)
cedevole e ondeggiante, e distesa e sensibile
quanta ne puoi toccare con gli indici, questa

o la pianta dei piedi,
in linea retta per la via
il corridoio, quanta nelle braccia
aperte, camminando

e se fosse molto, molto più mossa
di quella che si può restituire
e se fosse molto
molto più rotonda?



III


è l’instabilità dei nessi che ti fa
parlare, è l’improvviso ritrarsi dispotico
della memoria e non puoi credere a niente
adesso come adesso, di quello che vedi

ti renderai conto anche tu:
    non c’è da fidarsi
come sai, gli angoli sono in frantumi
il tuo treno
è partito, e anche il soffitto, non è più lui

ti guardi le mani vuote
ti riempi le tasche di mani
ti chiedi se hai fatto le scelte giuste






  *A. Jodorowsky: I vangeli per guarire 
(ed. Oscar Mondadori, pag. 209)



Senza nome #1


sulle carte speciali
non si soffermano
le tue parole che
ricordino o
neppure
dicano
che noi apparteniamo

lasciate sole
vivono sole
si appendono
come fotografie

Senza nome #3


qualcosa
si muove
lento, sotto
questo caos

è una pioggia
che si addice
e poi, altrove
neve

le gocce
cadono
in traduzione propria

le mani
sono manifesti
emotivi

la via d’uscita
è

la salvezza è
lasciarsi
all’amore